Dolori articolari in paziente oncologica in cura con ormonoterapia CASO CLINICO

Dolori articolari in paziente oncologica in cura con ormonoterapia CASO CLINICO

Ribociclib è stato approvato dalla US Food and Drug Administration (FDA) il 13 marzo 2017 come trattamento di prima linea per il carcinoma mammario HR+/HER2- metastatico in combinazione con un qualsiasi inibitore dell’aromatasi. Ribociclib in combinazione con letrozolo è stato incluso nelle linee guida di pratica clinica della National Comprehensive Cancer Network® (NCCN Guidelines®) come opzione di categoria 1 per le pazienti in post-menopausa con carcinoma mammario HR+/HER2- metastatico senza alcuna terapia endocrina nel corso dell’anno precedente. «Il parere positivo del CHMP ci permette di migliorare ulteriormente la vita delle donne con diagnosi di carcinoma mammario avanzato o metastatico in tutta Europa – ha dichiarato Bruno Strigini, CEO di Novartis Oncology. Il 30% circa di coloro che hanno avuto una diagnosi di di tumore al seno in fase precoce finirà per sviluppare una forma avanzata della malattia.

  • La terapia ormonale può ridurre il rischio di recidiva, ovvero la probabilità che il tumore si ripresenti dopo la conclusione di altri trattamenti (intervento chirurgico, radioterapia e/o chemioterapia) oppure può contribuire a ridurre per un certo periodo i sintomi di una malattia in fase più avanzata.
  • Queste sostanze non sempre sono utili a curare la tua malattia, e molto spesso invece possono interagire o compromettere l’efficacia dei medicinali effettivamente efficaci prescritti dal tuo medico per curare la tua malattia.
  • Anche nel corso delle sessioni dedicate nell’ambito di ASCO  è emerso in maniera lampante che si tratta di studi che necessitano di un’ulteriore conferma e validazione clinica in popolazioni di pazienti più vaste.
  • Il parere del CHMP si basa su uno studio clinico registrativo di fase III nel quale l’associazione ribociclib + letrozolo ha ridotto del 44% il rischio di progressione della malattia o di morte rispetto a letrozolo in monoterapia nelle donne in postmenopausa con carcinoma mammario in fase avanzata HR+/HER2.

L’effetto collaterale principale sono state le vampate di calore, ma ho avuto anche un notevole aumento del colesterolo, per cui ho dovuto iniziare una statina. L’anno scorso ho avuto una frattura di 3 metatarsi dopo un minimo trauma (che assolutamente non giustificava una frattura così importante) e sono stata messa in terapia con Prolia; poi da qualche mese anch’io noto un assottigliamento e diradamento dei capelli. Per quel che riguarda i dolori articolari, avendo io di base una patologia reumatica, prendevo già antidolorifici, quindi posso solo dire che non sono aumentati. Finora non ho avuto recidive quindi, al momento, tratto gli effetti collaterali piuttosto che rischiare un nuovo cancro.

Fda, un nuovo trattamento transdermico del morbo di Alzheimer

Studi su modelli animali hanno evidenziato che la resistenza agli inibitori dell’aromatasi può essere contrastata mediante un trattamento intermittente con letrozolo. Il razionale è quello di un prolungamento della sensibilità delle cellule tumorali agli inibitori dell’aromatasi generato dal ristoro dei livelli di estrogeni circolanti che si otterrebbe con la transitoria interruzione della terapia. Cellule deprivate di estrogeni per diversi anni sviluppano una crescita spontanea in vitro e l’aggiunta di minime concentrazioni di estrogeni induce un effetto citotossico (pro-apoptotico) sulle cellule di carcinoma mammario.

  • Sappiamo che la terapia in alcuni casi è in grado di ridurre la concentrazione di questi due biomarcatori nel sangue, e di risolvere così un eventuale problema di resistenza e quindi di recidiva precoce.
  • È un inibitore selettivo di biosintesi degli androgeni che blocca potentemente il CYP17, un enzima chiave nella sintesi di testosterone da parte di ghiandole surrenali, testicoli e cellule tumorali.
  • Ribociclib in combinazione con letrozolo è stato incluso nelle linee guida di pratica clinica della National Comprehensive Cancer Network® (NCCN Guidelines®) come opzione di categoria 1 per le pazienti in post-menopausa con carcinoma mammario HR+/HER2- metastatico senza alcuna terapia endocrina nel corso dell’anno precedente.
  • Sono stati pubblicati diversi studi che hanno affrontato in modo specifico gli effetti della IA sullo scheletro.

Abbiamo presentato i dati preliminari di uno studio ongoing, cioè ancora in corso, che coinvolge una cinquantina di Centri italiani. La peculiarità di questo lavoro è di sottoporre le pazienti a controlli estremamente ravvicinati nel tempo per verificare la reazione  alla terapia. Quando dico ravvicinati, intendo a distanza di quindici giorni dall’inizio della terapia col primo check, e a seguire, dopo 21 giorni, a un mese di distanza e via così.

Un istituto di riferimento dove la ricerca sui tumori diventa cura in tempo reale

Per evitare la ricomparsa della malattia, in genere il trattamento ormonale deve essere assunto per cinque anni; tuttavia questo periodo può variare a seconda della risposta ottenuta e nel caso di malattia avanzata. Gli inibitori delle aromatasi hanno un ruolo fondamentale nel trattamento adiuvante delle donne in postmenopausa con tumore al seno positivo al recettore ormonale. Tuttavia, sebbene molte delle pazienti trattate in questo modo abbiano un’eccellente prognosi a lungo termine, gli effetti avversi sul metabolismo osseo rappresentano una sfida clinica importante. Le donne trattate con inibitori dell’aromatasi risultano infatti soggette a una sostanziale riduzione della densità ossea e a fratture da fragilità.

Nella maggior parte dei casi, gli eventi avversi nello studio clinico MONALEESA-2 sono stati di gravità da lieve a moderata, sono stati identificati precocemente tramite il monitoraggio di routine e, in genere, sono stati gestiti con la sospensione e/o la riduzione della dose. La raccomandazione del CHMP di combinare ribociclib con un qualsiasi inibitore dell’aromatasi significa che, se il farmaco venisse approvato, gli oncologi potrebbero prescrivere ribociclib con letrozolo, anastrozolo o exemestane, avendo la facoltà di scegliere la terapia che ritengono più appropriata per ogni singola paziente. Anche nel corso delle sessioni dedicate nell’ambito di ASCO  è emerso in maniera lampante che si tratta di studi che necessitano di un’ulteriore conferma e validazione clinica in popolazioni di pazienti più vaste.

L’eliminazione della stimolazione della crescita cellulare mediata da estrogeni e un prerequisito per la risposta tumorale nei casi in cui la crescita del tessuto tumorale dipenda dalla presenza di estrogeni e sia utilizzata la terapia endocrina. In questo studio, le donne hanno ricevuto Kisqali con letrozolo (un inibitore dell’aromatasi) o placebo (un trattamento fittizio) con letrozolo. Le donne che assumevano Kisqali con letrozolo hanno vissuto in media 25,3 mesi senza peggioramento della malattia rispetto ai 16,0 mesi di quelle che assumevano placebo con letrozolo.

Rientrano nella terapia non farmacologica l’esercizio fisico, l’agopuntura e le tecniche di rilassamento. L’attività fisica è certamente importante, anche perché secondo alcuni studi libera citochine antinfiammatorie con conseguente riduzione del dolore. Raccomandiamo almeno 150 minuti di attività fisica a settimana e consigliamo, per esempio, di camminare a passo veloce.

Il testosterone stimola la replicazione delle cellule tumorali della prostata legandosi a specifici recettori che si trovano sulla superficie delle cellule stesse. Gli antiandrogeni sono farmaci che bloccano l’interazione tra l’ormone sessuale maschile e questi recettori, inibendo così la crescita del tumore. Provocano meno disturbi di erezione, ma più dolore a livello mammario rispetto agli agonisti dell’LHRH. Possono essere associati ad altri medicinali o nelle prime fasi di trattamento per ridurre l’effetto provocato dal temporaneo aumento della produzione di androgeni (flare-up), oppure per tutta la durata del trattamento per potenziarne l’effetto (blocco androgenico totale).

Cos’è e per cosa si usa Kisqali – Ribociclib ?

La condizione per l’uso di questo prodotto, anche nei rari casi in cui il tumore al seno colpisce gli uomini, è comunque sempre la presenza sulla superficie delle cellule tumorali dei recettori ormonali, non necessariamente quelli per gli estrogeni ma anche quelli provati-steroidi per il progesterone. Il tamoxifene è usato da più di trent’anni per contrastare la crescita dei tumori al seno con recettori ormonali sulle loro cellule. Questo farmaco “inganna” i recettori occupando il posto riservato agli ormoni senza però agire come loro.

Questi farmaci possono essere usati per ridurre le dimensioni del tumore prima dell’intervento chirurgico (terapia neoadiuvante) oppure, più spesso, dopo l’operazione ed eventuali chemioterapia e/o radioterapia, per evitare la ricomparsa della malattia (terapia adiuvante). La possibilità di essere sottoposte alla terapia ormonale dipende dalla presenza, sulla superficie esterna delle cellule tumorali, di recettori per gli estrogeni e/o per il progesterone. Il legame tra queste particolari proteine e gli ormoni stimola la crescita e la proliferazione delle cellule tumorali. La scelta del trattamento ormonale dipende da una serie di fattori come le caratteristiche della malattia, la presenza e il numero di recettori specifici, se la donna è o no in menopausa, se ha già ricevuto altre cure e quali.

Femara

Questo suggerisce che gli eventi avversi non hanno avuto alcun impatto significativo sulla HRQoL. I farmaci che ne bloccano l’attività dell’aromatasi determinano quindi la riduzione della quantità di estrogeni in circolo e, di conseguenza, la quantità di ormoni che possono raggiungere eventuali cellule tumorali.residue. Se da un lato l’efficacia clinica degli inibitori dell’aromatasi è ampiamente dimostrata, dall’altro, come avviene per molti farmaci, anche questi possono presentare alcuni effetti collaterali. La terapia ormonale può ridurre il rischio di recidiva, ovvero la probabilità che il tumore si ripresenti dopo la conclusione di altri trattamenti (intervento chirurgico, radioterapia e/o chemioterapia) oppure può contribuire a ridurre per un certo periodo i sintomi di una malattia in fase più avanzata.

Per i pazienti oncologici che stanno affrontando chemioterapia o radioterapia, oppure che hanno terminato i trattamenti da meno di 6 mesi, è necessaria qualche attenzione in più. È necessario, quindi, effettuare un bilancio tra gli effetti positivi e quelli nocivi del sole, con il buon senso e l’informazione sanitaria, tenendo conto dell’età, del tipo di pelle, dello stato di salute”. Forse, difficile prevederlo oggi perché il test non è ancora stato confermato in questo senso. Probabilmente,  quando ci sono poche cellule tumorali, il DNA circolante è scarso e sfugge alle metodiche di determinazione disponibili oggi.